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03/09/12

Diario dei Mostrincubi - Il Nenosazme, seconda parte


Il nenosazme è un incubo fuori dal comune. È difficile pure da spiegare. È più in alto degli altri nella catena alimentare. È il frutto di pensieri ricorrenti, di ansie portate nell'anima, di rabbie represse, di frustrazioni sputate addosso all'altro a mezza bocca. È l'incubo che nasce quando dici sempre no, quando sei molesto per te e per gli altri, quando l'unico tuo modo di rapportarti con gli altri è l'aggressività. Quando hai fallito, quando hai sprecato il tuo talento. Quando sei ridicolo nel tuo battere i piedi. Quando sbagli e vuoi spiegarti e non ti viene data la possibilità e ti accorgi di quanto vali per gli altri. Quando improvvisamente realizzi di essere solo una persona e non ti va bene e distruggi tutto sistematicamente perché dentro non sei sicuro del tuo valore. Il nenosazme è questo ed è anche peggio.


Non è come gli altri incubi. È il frutto di molte miserie, di molte tristezze. È un incubo aggressivo e molesto. Ed è un predatore. Può roderti l'anima fino a lasciarti l'ombra della persona che eri. Può scatenare attacchi di rabbia, può portarti a disprezzare tutto e tutti perché li invidi e può farti venir solo voglia di gonfiarli di botte.


È pericoloso da avere intorno, infido da cacciare e può farmi molto male. E questo è l'esemplare più grande che mi sia mai capitato di affrontare. Ha fatto danni per tutta l'estate facendo diventare più aggressivi gli altri incubi della scogliera. Non sapevo cosa avessi di fronte finché non l'ho guardato negli occhi attraverso i vetri sporchi di una cucina. Liberarmi dal suo sguardo mi è costato tre punti di sutura sulla mano. Non farò lo stesso errore due volte. Ho provato a stanarlo ma senza successo. Lui ha cercato un momento propizio, una mia distrazione per assalirmi. Siamo rimasti in stallo troppo a lungo.
Stasera lo sto sfidando apertamente.


Cammino da sola per i vicoli del villaggio addormentato. Faccio risuonare l'arpione sul selciato. Canticchio una ninna-nanna a labbra strette. Lo percepisco alle mie spalle. Mi volto. Non c'è. Ma vedo qualcosa con la coda dell'occhio. Un'ombra troppo rapida. Un movimento. Una presenza.
"E andiamo! Hai forse paura?!" urlo allargando le braccia.
Un ringhio. Dietro di me. In alto.


Scatto
e
mi giro
su me stessa.


La punta dell'arpione ferisce su un fianco l'incubo che ha cercato di colpirmi alle spalle.


Rotoliamo via. Il bastardo ci ha provato. È grosso. Uno dei tentacoli uncinati mi ha ferito ad una gamba. Ci muoviamo in circolo, pronti a staccarci la testa a vicenda. Non gli do il tempo di reagire e affondo il colpo. È la cosa più rapida che abbia mai affrontato. Lo manco. Mi si lancia contro, lo schivo ma mi ferisce al braccio. Ci osserviamo. A distanza. Il nostro sguardo si incrocia.


Una porta si apre. Una bambina esce, in pigiama. Mi ha sentito gridare? Ho gridato? Maledetti occhi rossi. Mi confondono la testa. Ci sta riuscendo di nuovo.
Non ho tempo di pensare. L'incubo si scaglia sulla piccola. È Sarah? La conosco? È la piccola della scogliera?
L'incubo la sta per azzannare. Il sangue mi scorre sulla gamba. Mi lancio a proteggere la bambina, voglio spingerla dentro casa.


Sbatto contro la porta.


La bambina
non
c'è
mi ha
fregato!


Non ho tempo di fare nient'altro così stringo l'arpione al petto e mi getto all'indietro.


Mi tuffo contro le sue zanne, sperando che il mio arpione lo uccida prima che possa serrare le fauci. Un vortice di uncini mi strappa la maglietta e mi scava la pelle del viso, delle spalle, delle braccia.
Un'esplosione di mucillagine mi toglie il respiro.
L'arpione affonda e squarcia.
L'ho fregato!
Atterro con la schiena sul selciato. La botta mi fa girare la testa e il sangue negli occhi mi appanna la vista.


È finita.
L'incubo si dissolve.
Ho rischiato e ho vinto.
Ma la puntata era alta e mi è costata.


Respiro?
Sì.
Sanguino?
Sì.
Il cuore batte?
Sì.
Bene, provo a rimettermi in piedi e ad aprire gli occhi.
Mi pulisco il sangue dagli occhi che bruciano e mi guardo intorno.


E vedo la vecchia.


È in vestaglia, con una scopa in mano e con gli occhi fuori dalle orbite. Di tutte le porte del villaggio proprio contro la sua dovevo sbattere?! Ci mette un attimo a riprendersi, in fondo le sto solo sanguinando sull'uscio, ma mi da il tempo di rialzarmi e di non farmi prendere a scopate in testa. La saluto con un cenno. Sento che prova a imprecare ma è troppo furibonda e probabilmente sta provando a uccidermi a forza di sputacci.


Vado a casa. Spero davvero che i prossimi mesi siano più tranquilli. Dopo un'estate così me lo merito. Sorrido tra me e me e guardo verso il villaggio. Piccolo, racchiuso tra terra e mare. In pace.


Vado a letto contenta.In fondo, cos'altro potrebbe succedere?
Un terremoto?
Un vulcano?
Uno straniero che vuole costruisce un hotel cinque stelle in cima alla scogliera?!


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