Blog di Giovanni

Blog di Federico

23/07/12

Diario dei Mostrincubi - Scotch


Lo sento abbaiare durante la notte. I suoi latrati sono... strani. Non riesco a definirli meglio. Sono simili ai normali ululati di un cane ma la tonalità è sbagliata. Troppo acuta, come se fossero registrati male. E troppo lunghi, come se non riprendesse mai fiato. O come se quei suoni fossero l'imitazione dell'abbaiare di un cane fatta da qualcosa senza polmoni.


La locandiera mi guarda ma sembra non vedermi. Potrebbe essere un miglioramento, dal disprezzo all'indifferenza. Ma il bianco dei suoi occhi sta diventando trasparente e le sue pupille sono sempre dilatate, anche sotto al sole di mezzogiorno. C'è qualcosa che non va. Forse la tarcoblaticofa... anche se non ne ho trovato più alcuna traccia dell'incubo dopo quella notte.


Ho provato a dare un'occhiata a Scotch ma quando mi sono avvicinata ho scoperto che la vecchia non lo tiene più nel solito pezzo di terra battuta dietro la sua stamberga. Adesso il cane vive in casa con lei. E quando è alla locanda, si sente ringhiare sommessamente da dietro la tenda che porta in cucina. Ho provato a chiedere in giro ma nessuno sembra aver notato niente di strano. I bambini, però, evitano di giocare vicino alla casa della vecchia. Una sera ne ho visti tre da quelle parti. Stavano parlando a bassa voce di una prova di coraggio. La sfida era di avvicinarsi e di sbirciare dentro la finestra della cucina al piano terra della piccola casetta a due piani.
Gli ho chiesto cosa ci fosse di coraggioso. Loro hanno risposto che quando guardi dentro quella finestra, gli occhi rossi guardano te e ti fanno sentire strano. Li ho rispediti a casa senza tante cerimonie. I bambini se ne sono andati contenti di non dover dimostrare il loro coraggio, occhi rossi oppure no. Nessuno voleva avvicinarsi davvero a quei vetri sporchi.


Ho stretto l'arpione e ho attraversato la strada. L'interno della casa era buio pesto. Ho avvicinato il visto ai vetri e mi sono vista riflessa. Ho picchiettato con la punta dell'arpione sulla finestra. L'interno era innaturalmente buio. Qualcosa si è mosso. Sembravano due fiammelle. Non vedevo bene. Le fiammelle si sono avvicinate. Erano due occhi che ardevano come brace. Ho stretto l'arpione ma ho sentito le gambe che mi cedevano. Un ringhio basso, dissonante, ha cominciato a far vibrare i vetri. Mi girava la testa. Era difficile staccare lo sguardo da quegli occhi. Sembravano ingrandirsi mentre il ringhio diventava più acuto. Ho cominciato a tremare. I muscoli mi facevano male, come se un crampo mi avesse afferrato i nervi. Volevo urlare. Non riuscivo ad aprire la bocca. Gli occhi erano diventati più grandi e più brillanti.
E poi sono diventati quattro.
E poi otto.
E poi sedici.
E poi ho dato un pugno al vetro con tutta la mia forza.


Non so neanche io come ci sia riuscita ma il dolore alla mano mi ha schiarito la testa. Gli occhi erano spariti e l'interno della cucina adesso era vagamente visibile alla luce della luna. Non c'era niente fuori posto, a parte un vetro rotto sporco di sangue.


È passata una settimana e il taglio mi pulsa ancora sotto le bende e afferrare l'arpione è doloroso. Di Scotch non c'è più traccia. La locandiera ha ricominciato a guardarmi male e ogni volta che ordino qualcosa sono sempre l'ultima a riceverlo. E solo dopo averglielo chiesto tre volte.


Sembra tutto tornato alla normalità.
Ma io so che non è così.
C'è qualcosa là fuori. Qualcosa di antico e violento e che non ha paura dell'arpione. Qualcosa che scorgo con la coda dell'occhio nelle notti senza luna.
Qualcosa che mi da la caccia.
Lo sento che freme nell'oscurità mentre cerca di cogliere l'attimo per il balzo decisivo ma ogni volta si trattiene.


Io stringo l'arpione, sorrido e lo aspetto, perché lo scontro è solo rimandato e la caccia appena iniziata.

Nessun commento:

Posta un commento